Il dono di un incontro: Johnny Dotti ad Happiness

Start time 20/06/2022
Address Happiness via San Francesco Varese
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In un incontro con don Matteo e Filippo – era aprile 2022 – escono alcuni compiti da tenere ben sotto controllo nel lavoro in e per Happiness. I tre compiti (+ uno) sono i seguenti:

  1. Cercare e coordinare la rete di volontari;
  2. Creare / consolidare / tessere rete sul territorio;
  3. Cominciare a stendere la prospettiva per Happiness: dobbiamo avere sempre in mente il passo successivo
    1. dove stiamo andando?
    2. Qual è il prossimo passo?
  4. Il più uno è la parte interessante e sfidante, quella che irrora tutte le tre precedenti: come si concretizza l’annuncio del Vangelo in Happiness? Come si evidenzia la consapevolezza che siamo cristiani? Qual è il messaggio che diamo come cristiani impegnati in Happiness?

Da qui nasce la mia ‘rincorsa’ telefonica per … ‘agguantare’ Johnny Dotti e portarlo a Varese: ci riesco solo in parte, può fermarsi solo un paio di ore e non riesce ad incontrare i ragazzi, ma quel 20 giugno 2022 don Matteo, Filippo, Letizia, don Mauro ed io condividiamo i pensieri su questo luogo e riceviamo delle dritte importanti e alcuni stimoli, che provo a rielaborare. Happiness è fondata sull’ascolto: ascoltare i ragazzi è l’unica attività prevista e l’unica richiesta a chi chiede di fare il volontario qui; è stato il verbo fondante e deve continuare ad essere la pietra miliare: non si costruisce relazione se non si parte da qui. Solo se garantisci ascolto, lo ricevi. A Dotti piace giocare con le etimologie delle parole: ‘partite dalla deficienza’, che vuol dire non tanto dalle mancanze, ma dallo stare lontani dalla nevrosi del fare (de-ficere = lontani dal fare), del dovere fare per forza delle cose, qualche cosa, delle attività, del dover riempire il tempo: lasciate aperta la porta dell’ascolto e, quindi, del dialogo. I ragazzi sentono e sono sensibili al fatto che qualcuno stia perdendo tempo per loro: ‘ma tu qui fai la volontaria?’, ‘ma tu fai questo di lavoro?’. E’ il valore della gratuità, del dono che passa attraverso un’esperienza e non una teoria. Si arriverà anche al passaggio dal perdere tempo all’imparare ad usare il tempo. Lasciare aperta la porta, ascoltare, intessere relazioni: sono azioni-antidoto allo specialismo di cui si è ammalata la nostra società; questo è un punto nodale per noi: le attività di orientamento, le stesse attività psicologiche sono sì tenute da persone con una competenza specifica, ma la modalità in cui si svolgono deve tenere conto dell’ascolto, della costruzione della relazione, del sapere stare in mezzo ai ragazzi, tollerando che non chiedano, non si avvicino, non ‘sfruttino l’occasione’ che siamo lì. Questo è anche un grande esercizio di tolleranza della propria impotenza che ci deve portare a pregare, a chiedere aiuto. Lo stare sì, raccogliendo tutta l’impotenza che sentiamo, vuol dire avere anche la consapevolezza che la risposta sta dentro i ragazzi e magari non è la nostra, anzi, quasi certamente non lo è. Ai volontari va chiesto non solo che sappiano stare nella relazione ma che siano propensi al senso e non alla funzione. L’ascolto è anche la base del riconoscere e dell’essere riconosciuti: parlando con mons Panighetti, e qualche giorno fa con il dirigente dell’ISIS Newton, si sottolineava proprio questo: uno degli avvenimenti sorprendenti di Happiness è che i ragazzi – che si sentono a casa, che si sentono ascoltati – riconoscono l’adulto e agiscono in modo inaspettato: firmano il registro in ingresso, ti danno del ‘lei’, ascoltano a loro volta se tu hai qualche cosa da dire, stanno in colloquio su lavoro / scuola anche mezz’ora di seguito, compilano un google moduli per accedere agli incontri senza batter ciglio … Riconoscere ed essere riconosciuti vuole anche dire prendere atto che si è diversi e la riflessione che ci regala Dotti è che la comunità si costruisce tra diversi e non con simili, con i quali si fa, tutt’al più, immunità. E anche questa è una bella aria da respirare di questi tempi, non solo per i ragazzi. Il diverso, il confronto con il diverso porta con sé tensione vitali, confronto a volte anche acceso. ‘Sono venuto a portare la spada’ dice il Signore. Ad un certo punto Dotti tocca il cuore del suo incontro con noi, a mio avviso: il pericolo è che ci istituzionalizziamo; una certa quota di istituzione occorre, è un male necessario, ma se si dimentica dell’esperienza allora l’istituzione diventa solo MALE. Il pericolo è astrarre, teorizzare, uscire, appunto, dall’esperienza. Questa è la vera sfida di Happiness, non perdere la sua intuizione originale di luogo in cui stare, ascoltare, essere; avremo la necessità di passare dalla Fase 1 alla 2 alla 3 e così via ma ci evolveremo solo se riusciremo a custodire le domande vere. E’ qui che Dotti ci ricorda che insieme a tre donne sotto la croce c’era un adolescente, Giovanni e a lui Gesù morente affida addirittura sua Madre. Questo per dire che l’adolescente, i nostri giovani di Happiness dovranno continuamente e a diversi livelli essere protagonisti della storia di questo luogo che via via andrà loro affidato, nel senso pieno del termine che vorrà dire che oltre a dipingere le pareti o lavare i bicchieri questi / altri, futuri ragazzi faranno passi avanti nella gestione e nel farsi carico di tenere viva l’esperienza, in piedi, aperto il servizio che a quel punto sarà loro a tutti gli effetti, perché saranno cresciuti, avranno maturato il senso di responsabilità. Far presente ai ragazzi il bello di questa esperienza, farli riflettere sul bello che succede ogni volta significa anche condurli a cogliere il valore che c’è dietro le azioni e dietro tutto il servizio e quando hanno presente il valore, le azioni, come abbiamo detto prima, vengono di conseguenza. Sembra contraddittorio, ma Dotti insiste parecchio anche sul far sognare questi ragazzi, far vedere loro che sono portati per cose grandi Torna spesso Dotti sul valore dell’esperienza: mettersi al lavoro, significa far fare esperienza, consentire che si facciano errori perché da quelli si può imparare. Fare esperienza anche con il corpo, recuperarne il valore dopo due anni di pandemia in cui il rischio di vivere tutta una vita nella dimensione astratta è stato davvero molto elevato. Ne escono alcune idee:

  1. Il festival della montagna sacra
  2. Tirare fuori arte dagli scarti
  3. Pensare a spazi di convivenza in cui sperimentare il vivere assieme, mangiare assieme, condividere il tetto sopra la testa

Due ore intense, ricche di spunti, anche di qualche risposta e non solo di ulteriori domande.